Castellammare
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CASTELLI E TORRI SENTINELLE DI PIETRA
 La
storia dei castelli e delle torri, in Sicilia racconta della lotta tra poteri.
Quando diciamo "castello", la fantasia porta ad evocare un universo fantastico e
meraviglioso popolato di dame e cavalieri, di assedi e di duelli, di amori e di
delitti, di veleni e tradimenti.
Nelle pietre dei castelli sono incisi secoli di storia. La Sicilia, di castelli, ne vanta tanti perché tanti sono gli invasori che si sono succeduti, e che con gli edifici hanno lasciato un segno del loro passaggio.
Sono oltre duecento quelli sopravvissuti, e già un tale numero la dice lunga
sulla longevità e sulla particolare struttura che il feudalesimo assunse in
Sicilia.
Se durante il regno normanno i castelli sono poco più che singole torri cintate
da un muro, grandiose e raffinate sono le regge costruite dagli Altavilla, con
quel Ruggero che conquistò la Sicilia agli Arabi e fondò il Regnum Siciliae,
nel 1130. Ago della bilancia in tutta la storia castellana dell'isola è la lotta tra
Baronaggio e Corona, che si rifletterà sul numero, la grandezza e l'importanza
degli edifici. Così, se sarà il XIV il secolo d'oro dei castelli dei ricchissimi baroni
siciliani (i Ventimiglia, i Chiaramonte, i Peralta), complice la debolezza della
casa d'Aragona, è stato il Duecento con Federico II di Svevia e il genio
costruttivo di Riccardo da Lentini a vedere l'erezione di un grandioso sistema
di fortificazioni che annovera i più bei castelli regi del Duecento italiano.
Alcuni furono costruiti ex novo, altri nacquero dal riadattamento di strutture
precedenti, come quello di Milazzo, in provincia di Messina.
Per restare sulla costa tirrenica del Messinese, uno splendido colpo d'occhio lo
offre il castello feudale normanno di Caronia, tuttora abitato: assai ben
tenuto, è racchiuso in un recinto con torri e vanta una splendida chiesetta.
Tornano invece a portare la firma del grande imperatore svevo il castello di
Santa Lucia del Mela, nell'entroterra, e, sulla costa ionica, quello di Scaletta
Zanclea, dal magnifico dongione.
 Anche
quello di Montalbano, sui monti Nebrodi, rientra nel grande progetto federiciano
di dotare la Sicilia di "circuiti forti" a difesa del territorio. Edificato
nella forma attuale tra il 1302 e il 1311, è l'unico esempio riconosciuto,
nell'isola, di palazzo residenziale trecentesco.
Lasciamo il Messinese ammirando la suggestiva rocca di capo Sant'Alessio,
arroccato come un nido d'aquila sull'omonimo promontorio, con la parte antica
medievale a strapiombo sullo Ionio.
Nero per i suoi conci lavici contro il mare blu cobalto, alle porte di Catania
si staglia l'imponente castello di Aci. Ed è proprio qui, sulla costa
ionica, che Federico crea i suoi gioielli, unici per l'originalità delle
concezioni volumetriche rispetto agli edifici di età normanna. Uno è il castello
Ursino di Catania, che nel XIV secolo fu la residenza dei reali aragonesi.
Spostandoci nell'entroterra, ecco il dongione di Paternò, il più grande
dell'isola, attribuito a Ruggero il Normanno: dalle gigantesche bifore aperte
forse da Federico II che vi soggiornò a più riprese, si ha un panorama
mozzafiato sull'Etna e sulla piana di Catania. A fargli il paio, la vicina torre
di Adrano: molto simile per tipologia, è anch'essa una creatura di Ruggero il
Gran Conte (1073), pur se quello che vediamo è forse un rifacimento trecentesco.
Avanziamo verso il mare e di quattro secoli di storia, con la fortezza di
Brucoli, nel Siracusano, il cui nucleo originario costruito tra il 1462 e il
1467 venne munito di bastioni e di torri angolari nel XVI secolo, a difesa dai
corsari. Ma a dominare la scena ionica è ancora Federico; più oltre, infatti,
incontriamo altri due capolavori del grande imperatore svevo. Si tratta del
fortilizio di Augusta, a pianta quadrata con torri quadrate agli angoli; e del
castello Maniace di Siracusa, che differisce dal precedente per le torri che qui
sono rotonde. Per quanto notevolmente alterato, l'edificio conserva quasi
integra la struttura esterna duecentesca.
In tanta severità costruttiva, una nota di dolce eleganza e bizzaria la fornisce
il castello di Donnafugata, presso Ragusa: assai più recente perché edificato
nella seconda metà dell'Ottocento dal barone Corrado Arezzo, anche se incorpora costruzioni preesistenti. È un misto di gotico veneziano, nelle bifore sormontate da trine e rosoni, e di stile tardo-rinascimentale nei massicci torrioni.
Il lussureggiante parco (con tempietto, fontane e una "coffee-house" con
logge e colonne ioniche), unitamente alla ricca sequenza degli ambienti del
piano nobile lo rendono la più grande e raffinata dimora patrizia di campagna
della Sicilia sud-orientale.
 Entrando
nel cuore dell'isola, in quel di Enna, da sempre la più potente piazzaforte
dell'interno, fu Federico II d'Aragona a restaurare la svettante torre
ottagonale che presenta caratteri dell'architettura federiciana, mentre il
poderoso Castello di Lombardia, risalente agli imperatori svevi, venne
sensibilmente modificato da Federico III d'Aragona, che lo scelse a propria
dimora. Ottimamente conservato, occupa con la sua pianta irregolare l'intera
vetta del colle.
Nell'Ennese, spettacolare la fortezza di Sperlinga, scavata in una rupe dei
monti Nebrodi. Qui, durante la guerra del Vespro (1282), si rifugiarono gli
Angioini e per tredici mesi il castello oppose strenua resistenza alle armate
dei ribelli siciliani. Un sanguinoso capitolo di storia sicula, i Vespri, che ha
segnato una tappa importante nella storia castellana dell'isola, perché da
inizio a un progressivo sviluppo del potere economico dei baroni.
Ma è alla fine del Medioevo, quando il castello viene a perdere la sua funzione
difensiva, che assistiamo alla loro trasformazione in palazzi. A cominciare da
Castelbuono, Caccamo, Carini, grandi monumenti che ci parlano della potenza
baronale palermitana.
Il primo appartenne da sempre alla famiglia dei Ventimiglia, che lo rifondò nel
1316. Oggi, la sua cappella di Sant'Anna, decorata con stucchi, appare come la
più grande e sontuosa di tutti i castelli feudali siciliani. Sconosciuta è
invece là data di fondazione del castello di Caccamo, il maniero feudale più
grande dell'isola; ma a cominciare dal 1094, data in cui si hanno le prime
notizie, le vicende che lo hanno visto protagonista costituiscono una vera e
propria pagina di storia siciliana: rifugio di Matteo Bonello e dei congiurati
della rivolta dei baroni del 1160-61, confiscato dalla Corona, ampliato nel 1300
da Manfredi I Chiaramonte, ulteriormente fortificato alla fine del secolo da
Giaimo de Prades e trasformato in palazzo dagli Amato, nel XVII secolo.
Eroici assedi ma anche infelici tresche. Come "l'amaro caso della baronessa
di Carini", la storia del duplice omicidio, tramandato ai posteri in un
poemetto in vernacolo siciliano, che ha consegnato il castello alla leggenda
popolare. Fu lì, in quelle stanze, alte sull'omonimo golfo, che il 4 dicembre
del 1563 si consumò l'eccidio di Laura Lanza e del suo amante Ludovico
Vernagallo, uccisi per mano del padre di lei, don Cesare Lanza, e del marito.
Due anni dopo Vincenzo II La Grua, che si era risposato subito, diede l'avvio
alla trasformazione dell'edificio in palazzo, facendo apporre su di una trave il
motto "Et nova sint omnia", che non chiarisce però se i lavori si fossero
resi necessari per risanare l'edificio malconcio o, come vuole una tradizione
romantica, per cancellare l'aspetto del maniero che era stato teatro di una
vicenda d'amore e di sangue.
Tappa d'obbligo è Erice, l'antica città fortificata alle spalle di Trapani, dove
la turrita cinta triangolare racchiude il castello di Venere (XII-XIII secolo) e
quello del Balio (XII secolo). Ancora nel Trapanese spiccano il castello di
Alcamo, proprio nel centro abitato: costruito molto probabilmente dal conte
Raimondo Peralta sotto Pietro II d'Aragona, richiama atla mente la struttura dei
castelli regi siciliani del XIII secolo; e quello di Salemi, provvisto di due
torri quadrate e una cilindrica, quest'ultima eretta da Federico II di Svevia.
Indomiti
costruttori o "trasformatori" di manieri in terra agrigentina furono i Chiaramonte. Sono lì a ricordarlo la massiccia mole del castello di Naro, d'origine normanna ma più volte rifatta e ampliata (la grande torre mastia fu voluta da Federico II d'Aragona nel 1330) e quello di Montechiaro, l'unico dei castelli chiaramontani fatto costruire in vista del mare.
Venne ribattezzato così per cancellare l'uscita di scena dei Chiaramonte, all'indomani della decapitazione di Andrea (1392), l'ultimo discendente che naveva osato opporsi alla restaurazione del potere regio.
Ma è forse a quello di Mussomeli, fatto erigere da Manfredi III nel 1370, che spetta la palma del più ardito maniero feudale dell'isola: i suoi corpi di fabbrica, disposti su quote diverse, sembrano creare un tutt'uno con il magnifico sperone da cui emergono, che s'innalza isolato nella campagna di Caltanissetta, provincia disseminata di castelli. Tant'è che il nome stesso della città vuol dire in arabo "castello delle donne".
Castelli di Sicilia febbraio 2005
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Castelli di Sicilia
NOTE IMPORTANTI
Questo sito è il complemento ideale del sito Famiglie Nobili di Sicilia, di informazione Araldica sulle Nobili famiglie siciliane. Come quello, anche questo per il tramite di schede le cui fonti di informazione sono le più diverse, intende permettere a quanti sono interessati di stabilire relazioni e confronti tra: edifici di rilievo (Castelli, Torri, Conventi, Chiese), di cui l'Isola è particolarmente ricca, e le Nobili Famiglie che nel tempo ne hanno permesso la realizzazione.
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